
Fermarsi per riflettere sulla vita, sul senso delle nostre azioni, sulla ricerca di spiegazioni, spesso introvabili, dei fatti di cronaca quotidiani. Celebrare un anniversario significa, tra i tanti aspetti, fermarsi a pensare.
Vent’anni dopo quel 3 febbraio del 1998 la comunità di Cavalese, di Fiemme e del mondo (perché le vittime furono non solo italiane e i responsabili neppure) si è ritrovata per commemorare le vittime del Cermis. Una breve cerimonia nella Chiesa dell’Addolorata a Cavalese, guidata dalle parole del decano Don Albino Delleva.
“Assomigliamo anche noi, almeno un po’, agli apostoli raccolti attorno a Gesù. Sono arrivati da lui stanchi, provati da tanti incontri, tante parole dette e ascoltate, tanti gesti compiuti, tanti sguardi incrociati, tanti sentimenti vissuti, tante riflessioni fatte. Sentono il bisogno di condividere tutto con lui, che li ha inviati, che ha avuto fiducia in loro, che ha affidato loro compiti e responsabilità. Frastornati da tutto questo, si sentono dire da Gesù: «Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’”.
Erano gli anni della guerra del Kosovo e la marina militare americana aveva come base di esercitazione Aviano, in provincia di Udine. Si stavano preparando all’offensiva nei Balcani e il volo di addestramento delle 14.36 del 3 febbraio 1998 rientrava in questo protocollo. Un volo a bassa quota, addirittura un video per celebrare la propria bravura (poi subito fatto sparire) e la tragedia: l’ala del jet trancia la fune e in pochi istanti perdono la vita 20 persone.
Come ci si pone di fronte a questi fatti? Una possibilità è quella di guardare avanti, come ricordano le parole di Don Albino:
“Gesù rilancia e ci invita a non indugiare troppo sul passato, se non quel tanto che serve per imparare dai nostri errori, e guardare piuttosto al futuro, che ci è donato affinché diventi occasione rinnovata per ricercare il bene e compierlo per quanto sta nelle nostre possibilità”.
La celebrazione religiosa che si è conclusa al cimitero nuovo dove si trovano due stele, a ricordo anche delle vittime del primo disastro funiviario del Cermis, quello del 9 marzo 1976, in cui morirono 40 persone.
Federica Scarian