San Nicolò a Carano

La chiesa di Carano, intitolata a san Nicolò, svetta nella parte inferiore dell’abitato nella zona di Radòe. Il più antico edificio sacro risale al 1193 e venne consacrato dal vescovo di Trento Corrado II.

Nel corso dei secoli si susseguirono numerosi interventi. Nel 1907 venne riconosciuta come parrocchia e negli anni Venti ebbe luogo un grande rifacimento su disegno dell’architetto Giovanni Tiella di Rovereto che si concluse nel 1926. Un importante parrocchiano fu Giorgio Delvai (Carano *1843 – Sopramonte †1906), autore di numerosi studi sulla Valle di Fiemme e sulla zona del Banale dove divenne parroco.

Esterni A lavori ultimati, esternamente l’edificio sacro si presentò con vistose modifiche. Il largo portico che un tempo riparava le persone dalle intemperie e dal sole, posto in corrispondenza dell’ingresso principale della chiesa fu abbattuto. Lo stesso destino toccò ai contrafforti collocati lungo le fiancate dell’edificio (nella parrocchiale di Varena sono ancora visibili), demoliti per aumentare la larghezza della chiesa.

Suddivisa in tre parti lateralmente e in tre sezioni nella parte verticale, la facciata della chiesa di Carano narra il susseguirsi di vari secoli, ognuno con uno stile caratteristico.

La decorazione più antica risale al 1816 ad opera di Antonio Longo (Varena *1742 †1820). Nell’affresco superiore l’artista inserisce la statua del patrono  all’interno di un’elaborata nicchia illusionistica secondo lo stile barocco, ponendo anche la sua firma (come nella chiesa di san Vigilio a Cavalese). Nella parte centrale si osservano alcune finte architetture di gusto classico, mentre in quella inferiore la facciata costituisce un chiaro esempio di decorazione novecentesca. Al di sopra del portale d’ingresso, infatti, si colloca un affresco della Madonna con Bambino, dipinta nel 1938 dal pittore locale Camillo Rasmo (*1876  †1965).    La facciata reca all’interno di nicchie di chiara impostazione futurista delle iscrizioni inerenti le fasi di costruzione dell’edificio e alcuni importanti benefattori del paese.

Il campanile cinquecentesco, munito di orologio, presenta un fusto massiccio decorato da angolari in conci di pietra e cella campanaria in porfido organizzata su due piani. Il tetto con la tipica copertura a scandole è suddiviso in quattro timpani molto slanciati, ognuno provvisto di una stretta apertura. Sulla sommità del campanile è collocata una decorazione in ferro, raffigurante un galletto, e non la consueta punta aguzza tipica di alcune chiese alpine. A differenza di altre edifici sacri fiemmesi, a Carano sulle pareti esterne non si riscontra alcun dipinto dedicato a san Cristoforo.

Interni Prima degli anni Venti, la chiesa presentava un’unica navata impostata secondo lo stile gotico con le volte sostenute da elementi in pietra. Tracce di questo edificio si trovano nell’abside dell’attuale edificio. Seguendo il progetto del Tiella, alla navata centrale furono aggiunte altre due laterali sostenute da colonne e pilastri, più basse rispetto a quella principale. La decorazione della volta originaria fu modificata e venne sostituita da lavori in tempera compiuti da Giovanni Vanzo di Cavalese con simboli legati a Cristo, accostati a opere su tavola raffiguranti gli Evangelisti realizzate da un artista roveretano. L’abside gotica è impreziosita da numerosi dipinti realizzati da Antonio Longo. Il più significativo senza dubbi è la pala posta sull’altare maggiore che rappresenta gli ultimi momenti della vita di Cristo. Si tratta di un Crocifisso datato 1796 caratterizzato da un’eccezionale resa anatomica e da una profonda armonia compositiva. Sempre allo stesso artista appartengono i dipinti esposti nella navata centrale dell’edificio, tra i quali spiccano: san Nicola con l’attributo delle palle d’oro (simbolo del santo raffigurato); il vigoroso Arcangelo Michele e il premuroso Arcangelo Raffaele, in prossimità dell’uscita. Nell’edificio sono presenti altre notevoli opere pittoriche come il Sant’Antonio e Bambino del 1834 realizzato da Bartolomeo Rasmo, allievo del Longo.       Le stazioni della Via Crucis, di autore ignoto, risalgono al XIX secolo.

L’altare maggiore è dello scalpellino Michele Ceol di Cavalese, a ridosso dell’organo. In ciascuna navata laterale è collocato un altare policromo e dorato. Degno di nota è l’altare sinistro dedicato alla Vergine, in attribuito ai Morandini, abili artigiani locali del XVIII secolo. Lo stesso manufatto è arricchito da un prezioso olio su tela posto nella parte inferiore raffigurante Madonna con Bambino, i confratelli della Buona Morte ed anime purganti  risalente alla fine del Settecento. L’altare di destra è più recente e meno prezioso, ma ha una particolarità: al suo interno è nascosto un quadro con soggetto sant’Antonio Abate. Un tempo tale dipinto veniva mostrato ai fedeli il 17 gennaio, giorno in cui questo santo è ancora venerato.

Testo e fotografie

Damiano Iellici